Introduzione alla lezione
Vogliamo riuscire a capire determinare la posizione di un robot sensorizzato all'interno di una stanza: bisogna capire quali sensori utilizzare. Abbiamo visto i sensori che misurano rispetto al loro sistema di riferimento (accelerometrici, giroscopici) e quelli detti eterocettivi che danno una misura assoluta.
I sistemi eterocettivi non funzionano ben per questo motivo abbiamo bisogno dei sensori laser, a ultrasuoni e di visione (di visione non interessano perchè c'è un corso apposta).
Introduzione ai sensori LASER
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Potenza e modalità di emissione
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Caratterizziamo i laser per:
- Potenza di picco: potenza massima di emissione, espressa in Watt, per ogni pulsazione
- Potenza media: potenza media di emissione, espressa in Watt, registrata sul in un secondo: nei laser va da pochi mW ad alcune centinaia di W
- Modalità di emissione:
- Continua (CW, Continous Wave)
- Pulsata (scariche ripetute a frequenze più o meno elevate)
- Flash o Q-Switched (brevi emissioni di alta potenza di picco)
Emettitore
Il laser è un fotodiodo (una giunzione PN) che è collegato ad un generatore di impulsi elettrici ad elevata frequenza (10^9 Hz) ed elevata ampiezza di corrente. Cit. Freddi
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L'emettitore in figura mostra una parte della giunzione che è completamente riflettente, mentre la parte che emette è in parte riflettente. La lente collimante posta a distanza focale dalla giunzione PN fa si che l'onda diventi monodirezionale.
Accenni di rifrazione e riflessione
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In figura in alto vediamo riportato l'indice di rifrazione, mentre per la riflessione distinguiamo:
- Riflessione diffusa: la radiazione incidente viene riflessa casualmente (diffusa) in molteplici direzioni (nei casi reali è così)
- Riflessione catadiottrica: la radiazione incidente viene riflessa in una direzione precisa (già vista nel sensore catarinfrangente, dove la sorgente vede tornare in stessa direzione e verso opposto il segnale di luce emanato, esempio macchine)
- Riflessione speculare: la radiazione viene riflessa con un certo angolo rispetto alla superficie pari a quello della radiazione incidente
Esposizione Massima Permessa (EMP)
La EMP (Esposizione Massima Permessa) è il livello della radiazione laser a cui, in condizioni normali, possono essere esposte le persone senza subire effetti dannosi (per occhi e pelle).
I valori riguardanti i livelli di EMP si trovano sulla Norma Europea CEI EN 60825/1, Ed. Quarta,
Fascicolo CEI 6822 febbraio 2003.
La suddetta norma CEI individua 5 classi di pericolosità per i dispositivi laser (in base alla luce che emettono).
Di seguito sono riportate le più tipiche.
- Classe 1: laser che sono sicuri nelle condizioni di funzionamento ragionevolmente prevedibili, compreso l’impiego di strumenti ottici per la visione diretta del fascio.
- Classe 1M: laser che emettono radiazione nell’intervallo di lunghezze d’onda tra 302,5 e 400 nm, che sono sicuri nelle condizioni di funzionamento ragionevolmente prevedibili, ma che possono essere pericolosi se l’utilizzatore impiega ottiche all’ interno del fascio.
- Classe 2: laser che emettono radiazione visibile nell’intervallo di lunghezze d’onda compreso tra 400 e 700 nm, in cui la protezione dell’occhio è normalmente assicurata dalle reazioni di difesa compreso il riflesso palpebrale; questa reazione può essere prevista per fornire una protezione adeguata nelle condizioni di funzionamento ragionevolmente prevedibili, compreso l’ uso di strumenti ottici per la visione diretta del fascio.
- Classe 2M: laser che emettono radiazione visibile nell’intervallo di lunghezze d’onda compreso tra 400 e 700 nm, in cui la protezione dell’occhio è normalmente assicurata dalle reazioni di difesa compreso il riflesso palpebrale; tuttavia l’osservazione della radiazione può risultare pericolosa se, all’ interno del fascio, l’utilizzatore impiega ottiche.
- Classe 3R: laser che emettono nell’ intervallo di lunghezze d’onda compreso tra 302,5 e 106 nm in cui la visione diretta del fascio è potenzialmente pericolosa, ma il rischio è inferiore a quello dei laser di classe 3B (guardarli ad occhio nudo per diverso tempo porta a diventare ciechi).
- Classe 3B: laser che sono normalmente pericolosi in caso di visione diretta; le riflessioni diffuse sono normalmente sicure (guardarli ad occhio nudo, anche per poco tempo, porta a diventare ciechi).
- Classe 4: laser che sono anche in grado di produrre riflessioni diffuse pericolose; possono causare lesioni alla pelle e potrebbero costituire anche un pericolo di incendio, pertanto il loro uso richiede estrema cautela.
Laser a triangolazione
Principio di funzionamento
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Il laser basato sul principio di funzionamento della triangolazione emette una radiazione luminosa in direzione di un bersaglio posto ad una distanza di misura d.
Il laser viene riflesso (in maniera speculare o diffusa) dalla superficie e incide su un dispositivo di tipo CCD (Charge Coupled Device).
Come si può intuire dalla figura, all’interno del dispositivo CCD viene colpito un punto preciso, la cui distanza dal centro è direttamente proporzionale alla distanza di misura.
Il sensore viene calibrato inizialmente con un bersaglio posto a distanza e poi varia tra 0 mm e .
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La distanza (riquadro rosso) che vogliamo misurare dipende dalla distanza di calibrazione , da un fattore geometrico che è la distanza tra la lente e il fotodiodo (), la distanza tra la lente e il CCD () e da , cioè la distanza tra il pixel che si illumina e il centro dell'immagine. Il fondoscala qual è? Il valore massimo che posso andare a misurare dipende dalla dimensione del CCD. La risoluzione da cosa è data? La più piccola variazione di distanza che posso misurare è data dalla dimensione e numero di pixel del CCD.
Difetti
- L’area coperta dai raggi deve essere priva di ostacoli.
- Il sensore ha una dimensione elevata, tipicamente 120x120x30mm (scomodo per uso costumer).
- Il laser deve essere orientato correttamente per evitare effetti di ombreggiatura.
- Il sensore è soggetto a errori di cattivo allineamento.
Conclusioni
Questi laser vengono usati tipicamente in ambito industriale come sensori di rilevazione di spostamento (non per mappare l'ambiente).
Laser a sfasamento
Principio di funzionamento
Sostanzialmente un laser con potenza ottica modulata sinusoidalmente ( non continua) inviato al bersaglio.
La radiazione riflessa è monitorata, e viene calcolata la differenza di fase tra il segnale inviato e quello riflesso ().
- Segnale emesso:
- Segnale ricevuto:
- : smorzamento
- : dovuto al ritardo
- : dovuto al rumore
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La differenza di fase così ottenuta è funzione della frequenza di modulazione e del tempo di volo, a sua volta funzione della distanza:
= = = = .
Segue che (tempo di ritardo) è proporzionale a .
Ambiguità
A causa della periodicità del segnale si verifica il problema dell’ambiguità: affinché la distanza sia misurata in maniera univoca è quindi necessario che lo sfasamento non ecceda il periodo, ovvero esiste una distanza massima:
-> -> .
La distanza massima misurabile è funzione della frequenza di modulazione: maggiore è la frequenza e minore è la distanza massima.
L’ambiguità può essere rimossa impiegando frequenze di modulazione diverse in modo alternato, , che soddisfino la condizione che la distanza massima misurabile con frequenza 2 sia maggiore della risoluzione ottenibile con la frequenza 1 (si cerca un trade off): .
Esistono tecniche che permettono di eliminare l’ambiguità e, al tempo stesso, di estendere il range di misura migliorando al contempo la risoluzione ottenibile, per esempio effettuando una media tra valori ottenuti con frequenze diverse.
Laser a misura del tempo di volo (il più importante)
Un diodo laser trasforma un treno d’impulsi in un segnale luminoso, parte dell’eco del segnale colpisce un foto diodo che lo trasforma in un segnale elettrico. L’intervallo di tempo fra l’impulso trasmesso e quello ricevuto viene “contato” da un clock la cui frequenza stabilisce la precisione minima apprezzabile dallo strumento.
Principio di funzionamento
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Conclusioni
Il laser a misura del tempo di volo si comporta come duale di quello a triangolazione: migliore sulle lunghe distanze e non influenzato dagli ostacoli.
È in grado di misurare la distanza di un numero “illimitato” di bersagli. È un dispositivo che si comporta bene per distanze elevate, però l’accuratezza assoluta non è elevata.
Con una distanza massima di un km circa risulta ottimo come autovelox mobile.
Laser Scanner (o laser rangefinder)
Principio di funzionamento
È un dispositivo di misura che può essere installato a bordo di un robot mobile in grado di fornire la distanza nel piano, o nello spazio, tra il sensore e l’ambiente circostante.
È basato su:
- un generico sensore laser (di solito a tempo di volo o a sfasamento).
- uno specchio motorizzato in grado di spostarsi orizzontalmente (tra i 120° e i 160-170°) e/o verticalmente.
- un hardware di ricostruzione del segnale riflesso.
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Praticamente, è un sensore laser a tempo di volo collegato ad un sistema di specchi rotanti che invece di misurare la distanza che c'è tra me e un oggetto posto frontalmente mi permette di vedere su una mappa bidimensionale la distanza tra me e tutti gli oggetti posti in un cono di misura.
Costruzione di mappe 2D e 3D
Questi sensori permettono di costruire mappe 2D utilizzando lo specchio rotante che spazzando un angolo di almeno 120° riesce, data una certa altezza, a visualizzare tutti gli ostacoli che si trova davanti.
Le mappe 3D si ottengo utilizzando uno specchio mobile anche in verticale, con costi a partire dalle migliaia di euro.
Sorgenti di errore
Le figure che seguono mostrano l'errore dato da questi sensori, dovuto all'inclinazione del laser e al materiale e al colore dell'ostacolo (la linea tratteggiata rappresenta il ground truth)


Introduzione ai sistemi SONAR
I sistemi SONAR (SOund NAvigation and Ranging) sono impiegati in robotica mobile come soluzioni a costo ridotto per la misura delle distanza tra il robot e l’ambiente circostante e la ricostruzione della mappa di lavoro.
Si basano sul calcolo del tempo di volo impiegato da un’onda ultrasonora () per percorrere la distanza da e per il sensore: essi sono al tempo stesso generatori di segnale e trasduttori.
Principio di funzionamento
Le onde ultrasonore sono onde acustiche meccaniche che coprono un range di frequenza ben al di sopra dello spetto acustico dell’orecchio umano ().
Quando l’onda incide su un oggetto, parte della sua energia è riflessa in maniera diffusa (i.e. in direzioni multiple) e, pertanto, è possibile calcolare la distanza tra la sorgente e l’ostacolo andando a calcolare il tempo di volo:

con velocità del suono (330 m/s) e tempo di volo totale
Poiché il calcolo della distanza si basa sulla conoscenza della velocità di propagazione del suono in aria, è necessario conoscere le variabili che influenzano tale velocità, quali ad esempio umidità dell’aria e, soprattutto, temperatura (può cambiare con un range del 10% da 0° a 70°).
Generazione dell'onda
Per generare l’onda meccanica ultrasonora è richiesto il movimento di una superficie: questo movimento crea compressione ed espansione in un mezzo che può essere gassoso, liquido o solido.
I principi alla base della generazione dell’onda ultrasonora nei sistemi sonar sono tre:
- magnetostrizione: consiste nella variazione delle dimensioni di un corpo quando esso viene magnetizzato o quando comunque se ne varia la magnetizzazione; garantisce elevate potenze ed è impiegato in applicazioni di pulizia.
- elettrostatico: sono sostanzialmente dei condensatori, dove una delle due armature è rigida mentre l’altra è ottenuta attraverso una metallizzazione superficiale in oro di un disco di materiale plastico deformabile (che costituisce anche il dielettrico); garantisce una piccola uscita in forza, un grande spostamento e una banda elevata.
- piezoelettrico (USATO PER LA ROBOTICA): una variazione di carica è trasformata in un’oscillazione meccanica e viceversa; garantisce elevate uscite in forza, un ridotto spostamento ed una banda elevata
Schema di funzionamento trasmissione, transizione, ricezione


Il trasduttore invia un’onda ultrasonora ad una frequenza di circa 40 kHz verso il bersaglio dal quale si vuole misurare la distanza.
Una volta inviata l’onda ultrasonora si attiva un circuito di switch che commuta il sonar dallo stato di trasmissione allo stato di ricezione:
- durante questo intervallo di tempo il sonar è “cieco”, ovvero non è in grado di interpretare correttamente un’eventuale onda riflessa da un bersaglio.
- il tempo di commutazione è il responsabile della distanza minima misurabile dal sonar, tipicamente da alcuni cm ad alcune decine di cm.
Nello stato di ricezione il sonar attende l’arrivo dell’onda riflessa, la quale viene:
- filtrata in un passa-banda.
- amplificata in maniera selettiva tramite un guadagno variabile (per normalizzare i fenomeni di dissipazione);.
- elaborata tramite un circuito per il conteggio del tempo di volo.
Il clock a basse frequenze permette al SONAR di essere economico, sono richiesti diversi ordini di grandezza in meno rispetto al clock del laser a misura del tempo di volo.
Sorgenti di errore
- Attenuazione: La potenza dell’onda è attenuata da due fattori:
- la distanza (in maniera proporzionale a ).
- la dissipazione dell’aria (in maniera proporzionale a ).
Pertanto, il sistema deve gestire segnali di ampiezza molto diversa tra di loro in funzione della distanza (da qui la necessità di un amplificatore a guadagno variabile (variable gain nel disegno)).
Inoltre, altre sorgenti di errore sono:
- Quantizzazione: La misura del tempo di volo è eseguita mediante un circuito contatore che opera ad una data frequenza: questo circuito introduce un errore di quantizzazione che diminuisce all’aumentare della frequenza del contatore.
- Interferenze ultrasonore: per esempio prodotte da altri dispositivi.
- Materiale del bersaglio: L’ampiezza dell’eco è dipendente dal materiale di cui è composto il bersaglio, pertanto la non perfetta conoscenza del materiale introduce un’incertezza sulla stima del tempo di volo e, indirettamente, della distanza.
- Ampiezza del bersaglio: Non è possibile misurare la distanza di bersagli più piccoli dell’ampiezza del fascio generata dal sistema sonar.
Sonar vs. Laser range finder: vantaggi e svantaggi
I sistemi sonar hanno un ovvio vantaggio rispetto ai laser range finder, infatti l’onda ultrasonora si trasmette ad una velocità molto minore rispetto a quella della luce, pertanto il tempo di volo è diversi ordini di grandezza più elevato e il clock per la misura del tempo di volo è meno sofisticato:
- minor costo del sensore
- minore consumo elettrico
- minore dimensione
I sistemi sonar, tuttavia, permettono un numero di scansioni al secondo molto ridotto rispetto ai laser range finder, tipicamente dell’ordine dei .
I sistemi sonar, infine, sono affetti da molteplici fonti di errore che rendono la misura più incerta rispetto a quella ottenibile con un laser range finder.
Nella seguente figura notiamo la differenza tra l'utilizzo del laser range finder e del SONAR, il primo risulta molto più "pulito" del secondo.

Specifiche tipiche

Domande di riepilogo
- Su quali principi fisici è possibile basare la costruzione di un sensore laser?
- Triangolazione, sfasamento, tempo di volo.
- Che cosa si intende per “laser range finder (o laser scanner)” e su quali principi di funzionamento si basa?
- Tempo di volo con specchi rotanti per avere visione più ampia.
- Descrivere il funzionamento di un sistema sonar.
- Descrivere i vantaggi e gli svantaggi di un sistema sonar rispetto ad un laser rangefinder.
- Tutti svantaggi, ma minore costo.
- Per quale motivo i sistemi sonar, a differenza dei laser range finder, richiedono un amplificatore a guadagno variabile?
- Attrito esponenziale a causa della trasmissione nel mezzo e non nel vuoto come il laser.
- Per quale motivo i sistemi sonar, a differenza dei laser range finder, richiedono un circuito per il calcolo del tempo di volo meno sofisticato?
- La velocità della luce è di gran lunga superiore a quella del suono. Questo giustica anche il costo minore del sonar.